Il Parlamento sta discutendo gli emendamenti al cosiddetto decreto “salva-casa”, con il pretesto di tutelare gli acquirenti in buona fede degli immobili che, stando alle prime risultanze di alcune inchieste giudiziarie a Milano, potrebbero essere stati realizzati con permessi rilasciati o ottenuti in violazione delle disposizioni di legge statale e regionale. Se così fosse, il cosiddetto emendamento “salva-Milano” non dovrebbe andare oltre questo comprensibile obiettivo e quindi dovrebbe riguardare soltanto gli incolpevoli acquirenti degli immobili, senza alcuna sanatoria per operatori, professionisti, funzionari e dirigenti che avessero violato le leggi vigenti, le cui eventuali responsabilità vanno lasciate all’accertamento della magistratura.
Nel percorso di approvazione del decreto, volto ad annullare le contestazioni sollevate dalle inchieste giudiziarie sull’urbanistica aperte a Milano, si rischia infatti di cancellare decenni di cultura urbanistica che è alla base del necessario equilibrio fra protezione delle cose e sfruttamento delle stesse, fra fruizione e conservazione, fra la garanzia del diritto privato di proprietà e l’esercizio delle potestà pubbliche chiamate a conformarlo per assicurarne la funzione sociale, a vantaggio di tutti.
Ci riferiamo in primo luogo alla questione degli standard urbanistici fissati dal dm 1444/68. È questo un risultato di grande equilibrio perché fissa i diritti della collettività nel rispetto dei diritti degli operatori immobiliari. Del resto, è noto che molti Prg permettono da tempo di “monetizzare” gli standard, ma sempre tenendo conto delle necessarie dotazioni di servizi e delle distanze fissate dal codice civile e dal dm 1444. Nessuno mai ha infatti lamentato di non aver potuto esercitare il diritto a edificare fissato dai piani urbanistici, a causa dell’obbligo di dover contribuire allo sviluppo della città pubblica, che oggi si vorrebbe invece cancellare a esclusivo vantaggio della rendita urbana, che si risolve nella sottrazione di una quota di reddito nazionale alle categorie, qualunque esse siano, che lo hanno prodotto.
Il problema dunque viene agitato solo oggi, quando sulla base della cancellazione di ogni regola urbanistica e di ogni limite alle pretese della rendita si possono realizzare ex novo o sopraelevare edifici prospicenti ad alloggi legittimamente realizzati da decine di anni (la mostruosa edificazione nei cortili è emblematica del degrado cui si è arrivati), con un danno evidente ai diritti acquisiti e il crescere esponenziale, non solo a Milano, di contenziosi senza fine che non aiutano la civile convivenza.
Chiediamo perciò con forza che il Parlamento ribadisca l’assoluta inderogabilità del dm 1444/68, che costituisce un minimo, non un massimo, di dotazioni di servizi e di verde necessari alla vita nelle città.
Il secondo fondamentale principio che il Parlamento non può permettersi di smantellare riguarda l’obbligo – anche in questo caso previsto da decenni – di dover ricorrere a strumenti attuativi chiari e al permesso di costruire quando si mutano i carichi urbanistici, sicché le amministrazioni pubbliche non possono dismettere il diritto-dovere di verificare la sussistenza delle prerogative di accessibilità e dei servizi, oltre che il rischio di violazione dei diritti dei frontisti e confinanti.
Anche in questo caso, siamo di fronte a un potere-dovere delle pubbliche amministrazioni, chiamate a tutelare i diritti di tutti e non solo quelli degli operatori immobiliari, degli investitori e degli speculatori.
Si rischia altrimenti non soltanto di cancellare le regole urbanistiche, ma anche di mettere in discussione il ruolo delle amministrazioni locali sancito dalla Costituzione.
In tal senso, anche nel caso fosse approvato, l’emendamento “salva-Milano” non dovrà comunque riguardare il futuro: dopo la conversione in legge del decreto, l’edilizia milanese (e, più in generale, quella italiana) dovrà svolgersi nel rigoroso rispetto delle leggi poste a tutela di tutti, fermo altrimenti l’intento dei sottoscritti firmatari di avvalersi di ogni strumento utile per opporsi alla preannunciata deriva, anche nella convinzione che evidenti profili di illegittimità non passerebbero indenni da una pronuncia della Corte costituzionale.
Firmatari:
Carmine Abate, architetto, consigliere nazionale Italia NostraIlaria Agostini, urbanistaAurelio Angelini, UnescoArianna Azzellino, docente universitariaPiera Baldi, architettoEmilio Battisti, architettoLuna Beggi, geografaPaolo Berdini, urbanistaAnna Maria Bianchi, presidente Carte in regolaPaola Bonora, geografaSergio Brenna, urbanistaMaria Agostina Cabiddu, giuristaSergio Caserta, cooperatorePiero Cavalcoli, urbanistaGiancarlo Consonni, urbanistaAlessandro Dal Piaz, urbanistaLuigi De Falco, architetto, vicepresidente di Italia nostraVezio De Lucia, urbanistaVeronica Dini, avvocatoLidia Fersuoch, consigliera nazionale di Italia NostraMarina Foschi architetto, consigliere nazionale Italia NostraLaura Fregolent, urbanistaLuca Beltrami Gadola, direttore Arcipelago MilanoMaria Cristina Gibelli, urbanistaCorrado Giuliano, giuristaGiorgio Goggi, urbanistaDanila Iacovelli, giuristaCarlo Iannello, costituzionalistaPaolo Maddalena, vicepresidente emerito della Corte costituzionaleCamilla Maldini Casadei, architettoMassimo Maresca, presidente di Italia Nostra CampaniaGabriele Mariani, ingegnere architettoRossella Montagnani Marelli, AnpiTomaso Montanari, rettore dell’Università per stranieri di SienaSilvia Morselli, architettoAdriana Elena My, presidente di Italia Nostra PiemonteFrancesco Pallante, costituzionalistaStefano Piazzi, architettoMario Piccinini, architettoGioacchino Piras, geografo urbanistaEzio Righi, urbanistaPiergiorgio Rocchi, urbanistaMaria Teresa Roli, architetto, consigliere nazionale di Italia NostraMichele Sacerdoti, amministratore localeMaurizio Sani, urbanistaEnzo Scandurra, urbanistaGiuseppe Scandurra, antropologoCristina Tonelli, storica del designGraziella Tonon, urbanistaLucia Tozzi, studiosa di scienze urbaneCristina Treu, urbanistaAlessandra Trigilia, architettoMassimo Villone, costituzionalistaAlberto Ziparo, urbanista
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